lunedì 20 ottobre 2014

La valutazione delle scuole tra priorità strategiche e linee guida del governo

di Antonia Carlini
Dal corrente anno scolastico prende il via il procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche che in questa prima fase sarà focalizzato sull’attività di autovalutazione e sull’elaborazione del rapporto di autovalutazione (RAV). Secondo la timeline indicata dal MIUR nella direttiva n.11 del 18 settembre, infatti, le scuole già dai mesi di settembre-ottobre avviano l’autovalutazione di istituto per la rilevazione dei dati e delle informazioni sulla qualità della scuola che, insieme a quelli messi a disposizione da MIUR e Invalsi e disponibili a sistema, forniranno le evidenze per la redazione del RAV.

Siamo, dunque, nella fase di avvio che impegna dirigenti e docenti nella scelta di modalità e procedure e nella predisposizione degli strumenti necessari per l’autovalutazione di istituto. E’ questa una fase molto delicata che richiede chiarezza di intenti e condivisione di significati a tutti i livelli. A livello di scuola è sicuramente importante vivere la valutazione come un momento importante per “fare il punto della situazione”; per una verifica delle scelte operate in autonomia; per scandagliare le principali aree di funzionamento dell’organizzazione scolastica (ambiti di funzionamento, indicatori e descrittori) e per definire, anche in termini di standard, la situazione di partenza della scuola, la qualità prodotta e quella percepita dai suoi principali portatori di interesse illuminando così zone d’ombra e aree di criticità rispetto alle quali individuare possibili obiettivi di miglioramento.
A livello centrale è necessario che sia chiaramente espresso l’intento dell’Amministrazione e la finalizzazione della valutazione “al miglioramento della qualità dell'offerta formativa e degli apprendimenti” come indicato nel Regolamento del SNV e come ribadito nella recente direttiva del MIUR.
E’ importante che le scuole percepiscano con chiarezza e senza ombra di dubbio che criticità, zone d’ombra, punti di debolezza costituiscono il punto di partenza di un processo dinamico e generativo di nuove sinergie a sostegno di percorsi innovativi che richiedono coraggio, disponibilità a mettersi in gioco con il rischio di sbagliare ma anche con la certezza di poterci provare di nuovo, per avvicinarsi progressivamente ai traguardi di miglioramento attesi.
A questo proposito si ritiene che nella comunicazione istituzionale si debbano evitare formule poco chiare che possono generare confusione, quando non chiusura, e che rischiano di snaturare il senso vero della valutazione come processo per migliorare e sviluppare apprendimenti, didattica, competenze professionali.
Un esempio di poca chiarezza è rintracciabile nelle linee guida del governo sulla Buona Scuola e nel paragrafo 3.1 “valutazione per migliorare” che si apre con la declaratoria “Scansiamo il campo dagli equivoci: il sistema di valutazione della scuola che intendiamo costruire non è fatto di competizione e classifiche”, e che si conclude con le indicazioni “il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione” e “il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti”.
Parafrasando don Milani, si vuole forse intendere che il sistema si prenderà cura delle scuole sane e lascerà morire quelle in sofferenza, proprio come un cattivo maestro? Oppure si vuole comunicare l’idea di una valutazione che apprezza, valorizza e riconosce progressi valore aggiunto al netto di … in senso incrementale; che suggerisce rotte migliori e fornisce strumenti più efficaci per migliorare in senso orientativo; che sostiene (anche con investimento di risorse professionali e finanziarie) i processi di miglioramento in senso formativo?
Occorre più chiarezza.