Questo contributo si inserisce nella riflessione che FORUM PA ha aperto sul tema della scuola, delle competenze digitali e dei nuovi programmi didattici. verso l'appuntamento di FORUM PA 2015 (26 - 28 maggio, Palazzo dei Congressi - Roma).
È dal 1977 che in Italia non si registra un tasso di
disoccupazione giovanile così elevato, oltre il 35 per cento. Il lavoro è
finito? Come aveva predetto anni fa l’economista Jeremy Rifkin, c’è
sicuramente un lavoro che è finito, quello legato alla carriera e agli scatti
di anzianità, all’occupazione unica di tutta una vita. Insieme alle nuove
generazioni, a partire dalla scuola, dobbiamo imparare ad essere job creator,
il lavoro si crea. Ma come? Da dove cominciamo? Se è vero che i mestieri del
futuro non esistono ancora, non bastono le competenze digitali. Serve un nuovo
modello educativo e uno strumento per diffonderlo sul territorio, dal basso.
Per questo abbiamo lanciato la Rete nazionale delle Palestre dell’Innovazione,
per una cultura diffusa dell’educazione per la vita. Servono conoscenze,
competenze e valori
Secondo le
stime di Cathy Davidson, direttrice della Futures Initiative alla City
University of New York e codirettrice delle MacArthur Foundation Digital Media
and Learning Competitions, il 65 per cento dei bambini che entrano ora nella
scuola primaria finiranno per fare un lavoro che non è stato ancora inventato.
Uno scenario molto diverso da quello che ha visto crescere gli adulti di oggi.
Questo significa che alle nuove generazioni è richiesta una capacità
straordinaria d’imparare lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning),
per mantenersi aggiornati e preparati ad affrontare cambiamenti e sfide sempre
più complesse. E anche la scuola deve giocare la sua parte, attrezzandosi con
nuovi strumenti e metodologie didattiche. In tutti i paesi, però, i sistemi
scolastici sono strutture complesse che mutano lentamente. E, infatti, fino ad
oggi nessun Paese è riuscito ad integrare le competenze per la vita nel
curriculum delle conoscenze standardizzate, e questa incapacità è una delle
principali cause dello “scollamento educativo” e di una serie di problemi
correlati, come la mancanza di competenze per la vita (soft skill) nei
giovani. Ma questa sfida non è più rimandabile, perché è strettamente legata a
emergenze sociali come la disoccupazione giovanile, con segnali paradossali.
Mentre le imprese lamentano la mancanza di soft skill nei giovani che
hanno terminato il ciclo formativo, e quasi un milione di posti nel settore ICT
rischiano di rimanere vacanti, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile
(15-24 anni) è al 35,3%, il livello più elevato dal 1977. E livelli
preoccupanti sono anche in tutta Europa, con un tasso medio del 22,9% (dati
Istat 2014).
Non è solo
un problema di competenze digitali
Il modello
che abbiamo elaborato non contribuisce a colmare questa lacuna nel breve
termine, ma offre uno strumento di lavoro e programmazione per evitare che
questo accada in futuro. Siamo convinti che la ripresa del Paese debba fondarsi
su una scuola capace di educare per la vita, integrando conoscenze
codificate, competenze e valori. E anche la riflessione più avanzata
sull’educazione sta andando in questa direzione: è importante imparare lungo
tutto l’arco della vita e in tutti in contesti. Perché l’obbligo di educare non
si esaurisce con la conclusione del ciclo scolastico. Grazie al lavoro teorico
di Alfonso Molina, professore di Strategie delle
tecnologie all’Università di Edimburgo e direttore scientifico della nostra
Fondazione, abbiamo elaborato e sperimentato il modello di “educazione per
la vita”, una metodologia che tiene conto delle riflessioni più recenti:
ridefinisce i pilastri dell’educazione per lo sviluppo del carattere
(affidabilità, rispetto, responsabilità, onestà, compassione, cittadinanza),
tiene conto delle cinque menti di Howard Gardner (disciplinata, sintetica,
creativa, rispettosa, etica), il primo studioso che ha teorizzato le
intelligenze multiple, arricchisce il quadro delle competenze per il 21° secolo
(pensiero critico, pensiero creativo, collaborazione, capacità di relazioni in
chiave interculturale, comunicazione efficace, competenze digitali,
autoconsapevolezza, iniziativa e imprenditorialità) con la firtualità,
la capacità di integrare dimensione fisica (territoriale) e virtuale (on line)
in un solo approccio di pensiero e azioni strategiche. Una competenza che
diventerà sempre più preziosa. Il modello di educazione per la vita si
riferisce anche a importanti scuole di pensiero e preziosi contributi
sull’educazione, come ad esempio il Rapporto Delors o i lavori di Mezirow
sull’apprendimento trasformativo. Tutti i diversi contributi, provenienti da
paesi ed esperienze diverse, convergono sull'importanza di una formazione che
va ben oltre a ciò che il sistema scolastico “impartisce” oggi. L'enfasi è
posta sul potenziamento delle capacità della persona e sulla ridefinizione del
processo di apprendimento, che è lungo tutto l’arco della vita (life long
learning), coinvolge tutte le situazioni e azioni della vita (life wide
learning) e ha una dimensione profonda (life deep learning) che
riguarda credenze, ideologie e valori per partecipare pienamente alla vita
della comunità. Inoltre l’apprendimento non occorre – e non può occorrere –
fuori dalle interazioni sociali. La cultura è un processo dinamico, che si
forma e viene modificato dalle prospettive delle persone e allo stesso tempo
forma e modifica le prospettive, le esperienze e le comprensioni delle persone.
In sintesi,
il concetto di educazione per la vita comprende sei aspetti, tre di contenuto e
tre modalità di apprendimento, come mostra la rappresentazione grafica del
modello Edu4Life elaborata da Alfonso Molina.
Ogni momento
è buono per imparare
Il problema
delle competenze non riguarda solo i giovani, per questo è importante
sottolineare anche le modalità di apprendimento (life long learning, life
wide learning e life deep learning). Secondo il rapporto Piaac (Programme
for the International Assessment of Adult Competencies) sulle competenze
degli adulti tra i 16 e i 65 anni, il 70 per cento della popolazione italiana
ha competenze al di sotto del minimo indispensabile per vivere e lavorare nel
ventunesimo secolo. E sono quattro le categorie particolarmente a rischio
nell’acquisizione e nel mantenimento delle competenze:
- i giovani Neet
- le persone con basso livello di istruzione individuale e familiare
- le donne mature con bassi livelli di istruzione individuale e familiare
- i lavoratori poco qualificati e con bassi livelli di istruzione.
Per alcune
di queste categorie abbiamo ideato programmi specifici da oltre un decennio (ad
esempio Nonni su Internet che ha da sempre
un’attenzione privilegiata per le donne casalinghe), per le altre abbiamo
creato più di recente un’area strategica (Imprenditoria giovanile e innovazione sociale) e
realizzato uno spazio-modello di intervento: la Palestra
dell’Innovazione.
Bisogna
allineare istruzione e formazione alle sfide del 21° secolo
Come dare
concretezza, visibilità, unitarietà e forza alle diverse azioni da
intraprendere per contrastare la crisi e accelerare la ripresa e lo sviluppo
del territorio? Come allinearsi in tempi brevi agli obiettivi di Europa 2020
per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva? E soprattutto cosa fare
per allineare istruzione e formazione alle sfide del 21° secolo.
Una
soluzione praticabile ed efficace è quella di creare uno spazio dedicato nei
diversi territori, che abbiamo chiamato Palestra dell’Innovazione (Phyrtual
InnovationGym) per verificare a ciclo continuo le idee che funzionano,
trasformarle in progetti e generare soluzioni per rispondere ai bisogni delle
persone e del territorio.La Palestra dell’Innovazione è un modello strategico
per lo sviluppo dell’istruzione, delle nuove professioni e
dell’autoconsapevolezza, perché è il luogo dove si sperimenta l’educazione
per la vita (conoscenze, competenze e valori), si pratica l’open
innovation e si progetta il cambiamento secondo i principi dell’innovazione
sociale e tecnologica per rispondere alle sfide cruciali del 21° secolo, a
partire dall’emergenza della disoccupazione giovanile, della dispersione
scolastica e del fenomeno dei Neet.
La Palestra
dell’Innovazione, che si trova a Roma in via del Quadraro 102, è attualmente
composta da diversi spazi (Activity Space, Fab Lab, Ideation Room, Robotic
Center) tutti pienamente attivi. È in corso una riorganizzazione e un
ampliamento dei laboratori per renderne ancora più articolata e mirata
l’offerta formativa, che propone dieci attività trasversali: Autoconsapevolezza
/ Team building & leadership / Problem solving & decision making /
Creatività, innovazione, imprenditoria / Digital manufacturing / Robotica /
Coding, gaming e gamification / Realtà virtuale e realtà immersiva /
Animazione, produzione video e visual effects.
Tutte le
mattine sono attivi laboratori di robotica dedicati alla scuole, per
imparare a progettare, costruire e programmare robot: si parte da bee-boot,
l’ape robot per i bambini della scuola primaria, per arrivare alle gare tra
robot soccorritori, che intervengono in auto dell’uomo nelle emergenze. Con
ZoomeTool e Toobeez si mettono alla prova agenti sociali, educatori, formatori,
ma anche manager, per imparare a risolvere i problemi in modo innovativo e
collaborativo, con workshop anche nel weekend. Una linea di bigiotteria, un
vestito intelligente, un drone, un campo di calcio per robot, ausili per
disabili… non c’è nulla che non si possa fabbricare in un fab lab grazie a
macchine innovative e versatili. Il fab lab, animato dai maker, è
frequentato da studenti, artigiani, inventori e anche da bambini giovanissimi
che, con laboratori su misura, imparano i principi dell’elettronica. Il sabato
pomeriggio è aperto a tutti.
Ci sono
workshop ugualmente indispensabili per esecutori e decisori, come business
unit, vertici aziendali, team di progetto, unità operative ecc. Con il metodo
Lego Serious Play imprenditori, manager, dirigenti imparano a negoziare e a
prendere decisioni condivise. E grazie a Phyrtual.org, il primo ambiente di
innovazione sociale basato su conoscenza, apprendimento e community building,
il progetto Palestra dell’innovazione può connettersi con il resto del mondo e
auto sostenersi grazie al crowdfunding.
La scuola è
la più grande infrastruttura sociale del Paese
Interlocutore
privilegiato della Palestra è la scuola, perché non c’è altra agenzia che
quotidianamente incontra oltre il 50% dei cittadini (studenti, docenti,
dirigenti, personale amministrativo e ausiliario, genitori), uno snodo cruciale
per ogni politica attiva del territorio. Attraverso le esperienze della
Palestra la scuola impara a dialogare con le città e crea alleanze ibride
(imprese, privato sociale, istituti di ricerca, non profit ecc.). E nello
stesso tempo la scuola diventa la risorsa inestimabile per ridare fiducia alle
persone e per rendere presente e immediato il futuro prossimo.
Senza dubbio
è più facile fare innovazione fuori dal sistema scolastico, ma la vera sfida è
farla all’interno del sistema esistente, con le difficoltà e le opportunità che
ci sono. Questo è il processo che ci interessa perché tocca la vita delle
persone che lavorano in oltre 40.000 scuole italiane: insegnanti, dirigenti
scolastici, studenti, famiglie, personale amministrativo e tecnico. Ed è un
processo che coinvolge anche la vita di tutte le persone e le organizzazioni
del paese, perché tutti possono e devono giocare un ruolo: l’industria, il
settore sociale, le autorità di governo a diversi livelli, le organizzazioni
della comunità, per trasformare in realtà i cambiamenti lungimiranti che
porteranno l’educazione italiana ad una posizione di eccellenza europea e
mondiale.
Configurabili,
evolutive, inclusive e dal basso
Le palestre,
a partire dal modello realizzato a Roma dalla Fondazione Mondo Digitale,
possono nascere in ogni scuola, aperte a territorio e cittadini, per allineare
istruzione e formazione alle sfide del 21° secolo. Un movimento delle Palestre
dell’Innovazione che nasce dal basso permette così alle scuole di condividere
la conoscenza acquisita, l’esperienza e le risorse, coinvolgendo diversi
soggetti (università, aziende, associazioni, istituzioni ecc.), in modo che
tutti abbiano un ruolo attivo e propositivo in questo processo.
Ad oggi
hanno aderito alla Rete 90 scuole di diverso ordine e grado. Dalla
Sicilia al Friuli sono 17 le regioni italiane coinvolte, con una mappa in
continuo aggiornamento, fatta di piccoli comuni come Santo Stefano Belbo
(Cuneo) o Castel Frentano (Chieti), con poco più di 4.000 abitanti, e le città
metropolitane, come Roma o Napoli. Il record di adesioni è del Lazio, ma già
altre regioni si orientano verso una presenza diffusa delle Palestre sul
territorio. Il movimento di innovazione dal basso è documentato sul sito www.innovationgym.org
Non possiamo
smettere di imparare, dobbiamo continuare ad apprendere per tutta la vita, in
ogni contesto, lasciandoci cambiare, trasformare, dalle scoperte che facciamo.
E creare spazi che ci aiutino in questa nuova sfida, come la Palestra dell’Innovazione. I giovani non
vengono per trovare lavoro, ma per crearsi un lavoro. Mentre artigiani,
imprenditori e manager imparano a trasformarlo. Perché non sappiamo più
quale lavoro faremo tra dieci anni. Ora dobbiamo inventarlo.
Per saperne
di più online
Alfonso Molina, in un agile volumetto, affronta la
difficile situazione italiana ed europea, a partire dalla sintesi dei dati su
abbandono, disoccupazione, disagio sociale ecc. Propone una diversa prospettiva
per guardare al futuro e mostra come la Palestra dell’Innovazione possa
diventare uno strumento strategico per diffondere le competenze chiave per lo
sviluppo e dare risposte concrete al paese, perché, come ha detto Einstein,
“non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l'ha
generato." E in un video di tre minuti spiega che cos’è una Palestra
dell’Innovazione e a cosa serve. Le immagini documentano le attività realizzate
nei diversi spazi. Booklet e video sono disponibili on line sul sito della
Palestra dell’Innovazione nella sezione "Progetto".